Quando ca. 6 settimane fa mi arrivava l'invito di fare un intervento al questo congresso mi affascinavano le frase scritte sulla pagina che annunciava il tema del congresso. Parole pesanti, impegnative, altosonante come "counseling guida al cambiamento, il counseling via maestra delle vita, fedeltà agli valori in una società liquida, costruire un nuovo futuro, un testo che finisce con le parole di Ghandi: "Togliamoci la maschera e scopriamo 'il cambiamento' che vive dentro di noi'.

Ho scelto allora questa ultima frase come l'introduzione del mio intervento, volevo e voglio parlare dell'importanza dell'intelligenza del corpo nel lavoro di counseling.

Volendo anche limitare, forse, il terreno e l'ambizione del lavoro del counseling e del counselor.

 

2 Settimane fa, il 13 novembre, abbiamo dovuto fare il conto coll' attentato terroristico a Parigi.

L'invasione dirompente del terrore nella nostra vita quotidiana qua in Europa, in Italia, a Roma.

E ho cominciato a rileggere le frase scritte su questa pagina che dichiarano i valori e la visione che il S.I.Co. vede alla base del counseling in questa società e cultura globalizzata e liquida con valori incerti. E queste parole, impegnative e ambiziose forse grandiose, sono scritte nel contesto di una società e un mondo certamente globalizzato ma anche un mondo e una società qua in Europa, in Italia, qua a Roma che garantiva una sicurezza e la inviolabilità del corpo umano, della vita umana.

 

Poi c'è Parigi, Bruxelles, Londra e il terrorismo che torna, anche qua, e che violenta la sacralità della vita.

 

E ho cominciato a chiedermi cosa fare con tutte queste parole impegnative. A chiedermi cosa ha il counseling da dare alle persone che non solo si chiedono "chi sono io" in questo società che costantemente cambia ma neanche si sentono più sicuro della loro vita e vivono con una costante paura, minacciati per la loro vita fisica.

A Parisi nel municipio dell'undicesimo arrondicemento hanno aperto dopo il terrore del 13 novembre un grande centro di ascolto psicologico per tutti che in un modo o altro hanno visuto l'attacco. Nelle prime 48 ore dopo sono già passato 2 mille persone nelle prima settimane fino a 22 novembre 10 mille persone!!

 

E la mia intenzione di parlare dell'importanza dell'intelligenza del corpo nel processo e lavoro di counseling si focalizzava su un aspetto fondamentale: la necessità che una persone ha almeno una casa sicura. Questo posto in fin dei conto potrebbe essere ritrovato dentro il nostro corpo.

E qua vede davvero un ruolo per il counseling come "guida al cambiamento" o come compagno sulla strada nella ricerca di una vita soddisfacente.

 

Che le persone hanno bisogno di ritrovare il loro corpo, rientrare nel loro corpo, non è solo una necessità per poter continuare a vivere dopo un shock traumatico come un attentato alla vita, o superare il diagnosi di un tumore maligno o altri eventi disastrosi che lasciono ferite profonde nel corpo e mente.

Sono moltissimi le persone che hanno desensibilizzato i loro corpo o parte significative di essa.

Vivono in case coi fondamenti traballanti o con tante stanze vuote e non abitate.

Problemi come l'insensibilità emozionale, la tensione cronica di una vita troppo stressante, la mancanza di espressività emotiva che può minare le relazioni intimi, il cronico mal di testa, le disturbi sessuali indicano e sono tutte espressioni di un fatto fondamentale: la nostra vita, la nostra esistenza è: "incarnata".

 

La teoria della Gestalt-Bodywork stipula che una persona per sopravivere e per svilupparsi e vivere necessariamente ha bisogno e deve stabilizzare una relazione nutriente con il suo ambiente.

Una persona si può descrivere come un organismo in relazione col suo ambiente. E qui comincia la dialettica tra il funzionamento di un corpo umano e il mondo in cui vive.

La garanzia ultima per la sua sopravivenza di un organismo, un corpo vivente, è la sua capacità di creare un confine che definisce e legittima la sua esistenza rispetto all' ambiente. Senza un confine non si sopravive.

Noi corpi umani, organismi che hanno un esistenza perché hanno un confine, siamo programmati da migliaia di anni/secoli per sopravivere, mantenere equilibri interni che garantiscono la abilità di contattare ai nostri confini l'altro, di nutrirci, di consolidare l'esistenza di noi come organismi fisici umani. Esiste un stato di salute, a cui possiamo fare riferimento. Possiamo verificare questo fondamentale stato di salute ovunque in ogni luogo su questa terra ogni volte che vediamo un neonato e il miracoloso crescere di piccoli bambini.

 

E' nella necessità di avere una relazione con l'ambiente sin da la nostra nascita' che questo stato di salute fisico e mentale è influenzato. Questa continuo contatto con quello che ci circonda da' forma al nostro corpo. E' anche il sorgente dal quale nasce la nostra identità. E' determinante per la nostra saluta mentale e fisica, come per le nostre patologie anche quelle sia mentale come fisiche. Sono variazioni, improvizazioni sulla schema centrale del funzionamento fondamentalmente sano di un corpo/mente umano.

 

 

Il Gestalt-Bodywork counseling ha come punte di partenza la consapevolezza che l'esperienza corporea (consapevole o no) determina sempre il modo in cui definiamo noi stessi, chi siamo, le nostre idee e convinzioni e perciò come noi ci moviamo nella nostra vita.

Il problema di una mancanza di identità, rivela la mancanza di un confine essenziale alla sopravivenza della diverse culture e persone. In questo senso il corpo umano è un esempio meraviglioso di integrazione cosi come di disfunzione (fisica e psichica), nel momento in cui e' in grado di contattare in modo adeguato o no quello che esiste all'esterno del proprio corpo.

E qua è da notare che il confine che determina l'esistenza e integrità del organismo corpo umano è la pelle. Un organo, un confine flessibile, permeabile sia dal esterno verso l'interno che dal interno verso l'esterno.

 

La globalizzazione ha messo a dura prova l'essere umano e la sua naturale necessità di contattare quello che è diversa. Ha cambiato o cancellato le regole che ne garantivano da un lato la chiusura e dall' altro un'interfaccia adeguata alla vita nel proprio ambiente. In una società sempre più liquida dove è la bussola per recuperare il senso di quel equilibrio/benessere che siamo finche' siamo in vita?

 

Penso io che sia il nostro corpo e il suo aver trovato un modo efficace di sopravivere in migliaia di anni.

Possiamo trovare dentro di noi, letteramente dentro i nostri corpi fisici, la forza, la flessibilità e il coraggio di aprirci verso un ambiente in costante cambiamento.

 

Un processo che parte dal riappropriare il "me stesso" dentro il proprio corpo.

Una delle cose fondamentale da fare per un Gestalt-Bodywork counselor in un processo di counseling è osservare come il cliente si mostra al mondo, in questo istante al suo counselor. Come sono e come adopera il cliente i suoi confini coll'ambiente. In concreto come parla, come si muove come si veste, in che modo racconta la sua storia, per esempio in relazione alle sue dinamiche familiari, ai suoi rapporti, Ma specialmente come respira, alla sua presenza energetica, alla sue espressività emotiva, alla sua percezione di se e del proprio corpo.

 

Base di un processo di counseling e per rimanere nei termine di questo congresso " il counseling via maestra della buona vita" potrebbero essere un costante attenzione con quale il cliente, ma anche il counselor, prende atto e rimane in contatto col quello che succede nel suo corpo. Queste non e' per niente scontato. Per tante persone e' una totale nuovo e strane esperienze di dare attenzione al proprio corpo, alle senzazione del corpo.

Ci sono tanti metodi che possono aggevolare questo ma la via principale e' la respirazione.

 

Quasi tutto che succede nel corpo sono processi gestiti dal nostro sistema nervoso vegetativo, quindi totalmente automatico (migliaia di anni di perfezzionamento) e fuori dalla nostra consapevolezza.

Il respiro no. Il respiro e' il ponte tra noi e l'ambiente e dal quale possiamo diventare ogni momento consapevole e perciò controllarla e gestirla.

La prima cosa che potrebbe essere fatto dal counselor durante ogni incontro di counseling è avere un costante attenzione sul respiro sia del suo che dal cliente.

Si, anche del counselor.

Perché qua ci sono due persone, due corpi in un relazione col ambiente, che si incontrano ai loro confini.

Il respiro è un ponte tra loro, fondamentale e esemplare delle qualità e con le caratteristiche del loro incontro in questo momento. Vale la pena di metterla al fuoco e guidare l'attenzione del cliente verso il suo respiro.

Qua può cominciare il percorso accompagnando il cliente verso la consapevolezza di come abita la sua casa, se ha le porte o finestre aperte o chiuse verso l'esterno.

 

Per fare un esempio:

. Maurizio è un uomo più alta di me. Con un torace come una botta di vino, almeno 3, 4 volte più ampio del mio. Pesa più di 110 kili (l'ho chiesto), una pacia enorme, gambe come tronchi di un albero e le braccia di un wrestler. Una barba folte. E una cosa che fa davvero impressione sono le suoi tattuaggi. Il primo incontro ero nel giugno scorso in pieno estate cosi li ho visto tutti, è completamente coperto con loro. Ha 46 anni.

E' venuto da me perchè il suo matrimonio è in crisi profondo. la suo moglie ha scoperto che lui ha avuto regolarmente delle breve storie fuori del matrimonio e vuole la separazione. Sono sposati 10 dieci anni fa. Hanno 2 figlie, 8 e 6 anni.

Lui non sa cosa fare. Non sa cosa vuole con questo matrimonio. Si sente in colpa ma non sa neanche se davvero vuole rimanere in queste relazione, ma ci sono le figlie.

 

Quando mi racconta la sua situazione, le esperienze con le sue relazione extraconiugale, la sua relazione con la moglie le sue figlie, le suoi amici mi colpiscono due cose:

la sua immobilità, questo corpo non si muove, ha una rigidità totale che si esprime anche nella sua modo di respirare: nessun movimento nel torso o pancia.

poi la totale assenza di una espressività emotiva.

Noto in me stesso una curiosità crescente e anche, come tutto queste parole, che descrivono una situazione abbastanza disastrosa, stanno alzando con il suo modo di parlare, un muro tra me e lui.

Mi sento come di fronte a una casa con una facciata che tira l'attenzione ma abbandonata, con una carta sulla porta con scritto: divieto di entrare.

 

Lo racconto di me, come lavoro, che per me è importante non solo quello ci racontiamo a noi stessi e agli altri, ma anche la nostra vita emotiva e specialmente anche quello che il nostro corpo ci può raccontare.

Chiedo se va bene per lui di sperimentare questo approcio e di lavorare 4 sedute on me e poi decidere che se per lui questo tipo di counseling potrebbe essere utile.

Per Maurizio va bene. E io chiedo se posso venire più vicino e toccare il suo corpo per sentire di più il suo respiro.

Ok da lui.

Vado da Maurizio e tocco le sue spalle. Sono come di pietra. Chiedo come lui sente le sue spalle e mi risponde: sono forte. Tocco il suo petto. Dico: puoi respirare verso il mio mano e sentire cosa senti?

Dopo qualche minuti in silenzio mi dice: non sento niente li, non sento mai niente.

 

Questo è l’inizio di un percorso nel quale ascoltando la vita di Maurizio, la morta e il funerale del suo padre quando aveva 13 anni senza che lui a versato una lacrima, come sua madre dipendeva molto di lui, la necessità di lavorare per sopravivere ecc.

Ogni seduta abbiamo messo il suo respiro e il sentire le senzazione dentro il suo corpo centrale, usando il tocco per portare l'attenzione a sentire e stare come reagiva il corpo. Maurizio cominciava di essere curiosa in se stesso nelle senzazione che cominciava di notare consapevolmente.

Notava che quando era capace di respirare più profondo che era anche doloroso, anche le sue gambe avevano un tipo di tremore dentro.

 

Un tema costante nelle sedute era il peso della responsabilità che sentivo e che avevo sempre sentito da giovane in poi. Abbiamo approfondito la sua responsabilità verso la sua madre, la sue moglie le figlie.

In una seduta di nuovo sulla responsabilità che come dicevo lui lo imprigiona come in una gabbia, lo chiedo dove la sente nel corpo questa peso. Dice ormai sente questa gabbia un pò dappertutto nel corpo ma adesso specialmente nelle spalle. Lo chiedo se lui poteva muovere le spalle. Lui comincia di muovere le spalle. Vedo che l'espressione dalla faccia cambia. Chiedo: cosa succede dentro di te, cosa provi. Lui: non so, sento strano. Lo suggerisco di muovere anche la faccia, di muovere le macelle. Lo tocco leggero intorno agli occhi. E Maurizio comincia di tremare, tutto il suo corpo trema e dal toraccia vengono singhiozzi profondo e comincia di piangere. Un pianto ripresso da più di 30 anni. Lo tengo abbracciato, questo uomo grande piange come un ragazzo di 13 anni che ha perso il suo padre.

 

I lavori e il nostro relazione nelle sedute che seguono fino ad oggi, sono cambiati. Sono più profondi. Fisicamente c'è un cambiamento molto simbolico. Non avevo un collo quando l'ho visto per la prima volta. Adesso per la sua e la mia grande sorpresa la sua testa sta su un collo di 4 5 cm.

Anche il suo dilemma sul suo matrimonio è diventata più sentito emotivamente. Il contrasti con sua moglie sono diventano più espliciti. Diventa più chiaro che vivere in un matrimonio con responsabilità che è diventato solo dovere, una gabbia dal quale sfuggire momentaneamente, non è forse una relazione da fare continuare.

Vedremo…..

 

Una cosa è certa però: Maurizio è tornato a casa sua.. E entrato nel suo corpo. Si è tolto la maschera da uomo duro, insensibile ma responsabile' e infedele, per ritrovare il cambiamento che era dentro di se stesso.

 

Grazie.

 

PETER DE VETH