Un modo per iniziare a entrare in contatto con il proprio corpo è quello di stendersi sulla schiena, allungati su un tappeto o un materasso. Chiudete gli occhi, respirate profondamente e tranquillamente, e cominciate a esplorare le vostre sensazioni corporee. Non cercate di sentire qualcosa, non forzate le sensazioni, lasciate semplicemente che la vostra attenzione scorra lungo il corpo e notate le sensazioni, positive o negative, che sono presenti nelle varie parti. Per esempio, riuscite a sentire le gambe? lo stomaco? il cuore? gli occhi? i genitali, le natiche, il cranio, il diaframma, i piedi? Notate quali parti del corpo brulicano di sensazioni piene, forti e vitali, e quali sono invece insensibili, pesanti, prive di vita, deboli, tese o doloranti. Provate per circa tre minuti e notate con quale frequenza la vostra attenzione abbandona il corpo e divaga in fantasticherie. Non vi pare strano che soffermarsi sul proprio corpo per appena tre minuti possa essere così difficile? Se non siete nel corpo, dove siete?

 

Dopo questa fase preliminare, possiamo passare alla tappa successiva: ancora sdraiati con le braccia lungo il corpo, le gambe leggermente divaricate, gli occhi chiusi, respirate profondamente e lentamente, inspirando dalla gola verso l’addome, riempiendo alla fine l’intera sezione mediana del corpo. Immaginate, se volete, che torace e stomaco abbiano all’interno un grande pallone che voi gonfiate completamente a ogni inspirazione. Il “pallone” dovrebbe gonfiarsi delicatamente nel torace per poi espandersi con forza e del tutto nell’addome. Se non riuscite a sentire la forza delicata del pallone che si espande in qualcuna di queste aree, lasciate semplicemente che il pallone si gonfi un po’ di più fino a colmare quell’area particolare. Espirate quindi lentamente e dolcemente, lasciando che il pallone si svuoti del tutto. Ripetete l’esercizio sette o otto volte, mantenendo all’interno del pallone una pressione delicata ma stabile, in modo che gonfi l’addome fino a raggiungere il bacino pelvico. Prestate particolare attenzione alle aree che sentite contratte, tese, doloranti o insensibili.

 

Riuscite a percepire l’area gonfia in un pezzo unico, oppure vi sembra divisa in segmenti, torace, addome, regione pelvica, ciascuno separato dagli altri da aree e fasce di rigidità, tensione o dolore? Nonostante questi piccoli dolori e disagi, potreste cominciare a notare che la sensazione che si diffonde attraverso l’intero pallone è una sottile sensazione di piacere e gioia. State letteralmente respirando piacere e lo irradiate in ogni parte del corpo-mente. Al momento dell’espirazione, non buttate fuori il respiro perdendolo, ma rilasciatelo come se fosse un piacere, permettendo che permei tutto il corpo. In questo modo, un piacere sottile scorre in tutto il corpo-mente e diventa a ogni ciclo sempre più completo. Se non ne siete convinti, fate altri tre o quattro respiri espansivi, abbandonandovi al piacere che ne deriva.

 

Forse ora comincerete a capire perché gli yoghi definiscono il respiro una forza vitale – non in senso filosofico, ma in riferimento alle sensazioni ad esso legate. Inspirando, introducete una forza vitale che passa dalla gola all’addome, caricando il corpo di energia e vita. Espirando, rilasciate e irradiate questa forza come piacere e gioia sottili attraverso ogni parte del corpo-mente.

 

Potreste continuare a respirare espandendo completamente il pallone, inspirando forza vitale dalla gola alla zona dell’ombelico (“hara”) e cominciare a percepire l’espirazione come una forza vitale che si irradia dall’addome a tutte le parti del corpo. A ogni inspirazione, dalla gola caricate lo hara di vitalità. Poi, espirando, notate fino a che punto riuscite a sentire (o seguire) lungo ogni gamba questa forza vitale o piacere  radiante... fino alle cosce? alle ginocchia? ai piedi? Alla fine dovrebbe arrivare fino alla punta delle dita dei piedi. Continuate l’esercizio facendo diversi respiri, e poi ripetetelo con le estremità superiori. Riuscite a percepire la vitalità che si libera nelle braccia, nelle dita, testa, cervello e cranio? Poi, espirando, lasciate che questo sottile piacere attraversi il vostro corpo e si diffonda nel mondo in tutta la sua vastità. Rilasciate il respiro, attraverso il corpo, nell’infinito.

 

Unendo le varie fasi, arriviamo a un ciclo respiratorio completo: inspirando, passate il respiro dalla gola allo hara, caricandolo di forza vitale. Espirando, rilasciate questo sottile piacere attraverso l’intero corpo-mente fino al mondo, al cosmo, all’infinito. Fate la stessa cosa con tutte le sensazioni penose, le malattie, le sofferenze e il dolore. Lasciate che l’attenzione-sensazione passi attraverso tutte le condizioni attuali, e le superi fino a espandersi all’infinito, momento dopo momento dopo momento.

 

Passiamo ora alle caratteristiche specifiche di questo esercizio. Molto probabilmente sarete stati in grado di percepire il piacere vitale e l’attenzione-sensazione che circolano liberamente in ogni parte del corpo-mente. Tuttavia, in ciascuna delle fasi di questo esercizio, potreste anche aver percepito alcune zone intorpidite, insensibili, inerti, oppure contratte, tese, rigide, doloranti. In altre parole, avete percepito dei blocchi (micro-confini) che ostacolano il pieno fluire dell’attenzione-sensazione. Molte persone provano costantemente tensioni e rigidità al collo, agli occhi, all’ano, al diaframma, alle spalle, o alla parte inferiore della schiena. L’insensibilità è spesso presente nell’area pelvica, nei genitali, nella ragione del cuore, nel basso addome, o nelle estremità. E’ molto importante che scopriate, con la maggiore precisione possibile, in quali punti sono presenti questi blocchi. Per il momento non cercate di eliminarli. Nel migliore dei casi non vi riuscireste, nel peggiore, li irrigidireste ancora di più. Cercate soltanto di capire dove sembrano localizzarsi e ricordate mentalmente la loro posizione.

 

Una volta identificati i blocchi, potete iniziare il processo di dissoluzione. Prima, però, cerchiamo di capire cosa significano questi blocchi e resistenze... queste aree o fasce di rigidità, pressione e tensione ancorate in tutto il corpo. Abbiamo visto che, a livello dell’ego, una persona può resistere ed evitare un impulso o un’emozione negandone la proprietà. Attraverso il meccanismo di proiezione egoica, una persona può evitare di essere consapevole di una particolare tendenza-ombra. Se si sente veramente molto ostile, ma nega la propria ostilità, la proietterà e sentirà quindi che il mondo lo sta aggredendo. In altre parole, proverà ansietà e paura, come risultato dell’ostilità proiettata.

 

Che cosa succede nel corpo quando l’ostilità viene proiettata? Mentalmente si verifica una proiezione, ma fisicamente deve essersi verificato qualcos’altro, contemporaneamente, poiché mente e corpo non sono una dualità. Che cosa succede nel corpo quando reprimete l’ostilità? Come sopprimete, a livello corporeo, una forte emozione che cerca di scaricarsi con qualche attività?

 

Se siete molto ostili e adirati, potreste scaricare l’emozione urlando, strillando, dimenando braccia e pugni. Queste attività muscolari sono l’essenza dell’ostilità stessa. Quindi, dovendo sopprimere l’ostilità, potete farlo soltanto sopprimendo fisicamente queste attività muscolari di scarico. In altre parole, dovete usare i muscoli per frenare le attività di scarico, o piuttosto dovete usare alcuni muscoli per frenare l’azione di altri muscoli. Il risultato sarà una guerra tra muscoli. Metà dei vostri muscoli lotta per scaricare l’ostilità menando colpi, mentre l’altra metà si sforza proprio di evitare questo. E’ come premere sull’acceleratore con un piede e sul freno con l’altro. Il conflitto si conclude con uno stallo, uno stallo molto intenso, con uno spreco enorme di energia per arrivare a un movimento finale uguale a zero.

 

Per sopprimere l’ostilità, probabilmente serrerete i muscoli di mascella, gola, collo, spalle, braccia, poiché questo è l’unico modo in cui è fisicamente possibile “trattenere” l’ostilità. L’ostilità negata,  come abbiamo visto, fluttua di solito nella consapevolezza come paura. Così, la prossima volta che verrete attanagliati da una paura irrazionale, notate che l’intera zona della spalle si contrae verso l’alto e indietro, segno che state trattenendo l’ostilità, e quindi provate paura. Tuttavia, nelle spalle in quanto tali, non sentirete più la tendenza a distendersi e aggredire; non sentirete più ostilità; sentirete solo una forte tensione, contrazione, pressione. Avete un blocco.

 

Questa è esattamente la natura dei blocchi che avete localizzato nel corpo durante gli esercizi di respirazione. Ogni blocco, ogni tensione o pressione nel corpo, è fondamentalmente un trattenere a livello muscolare qualche impulso o sensazione tabù. Il fatto che si tratti di blocchi muscolari è un punto estremamente importante. Notate che questi blocchi, queste fasce di tensione sono il risultato di due gruppi di muscoli che lottano l’uno contro l’altro (attraverso un micro-confine), con un gruppo che cerca di scaricare l’impulso, mentre l’altro cerca di trattenerlo. Questo è un controllo attivo, un “trattenere dentro” o inibire. Letteralmente, vi schiacciate in alcune aree del corpo, invece di liberare l’impulso associato a tali aree.

 

Così, se scoprite una tensione intorno agli occhi, state forse trattenendo il desiderio di piangere. Se sentite una tensione dolorosa alle tempie, forse state serrando le mascelle inconsapevolmente, per evitare di strillare, urlare o magari ridere. Una tensione alle spalle e al collo è indice di rabbia, collera od ostilità soppressa o trattenuta, mentre una tensione al diaframma indica che limitate e trattenete cronicamente il respiro nel tentativo di controllare la manifestazione di emozioni ribelli o l’attenzione-sensazione in generale. (Durante ogni atto di autocontrollo, la maggioranza delle persone trattengono il fiato.) La tensione al basso addome e alla regione pelvica, di solito, indica che avete eliminato tutta la consapevolezza della vostra sessualità, che avete irrigidito e contenuto questa area per evitare che vi circoli la forza vitale del respiro e dell’energia. Quando questo si verifica – per qualsivoglia ragione – vengono escluse anche gran parte delle sensazioni alle gambe. Una tensione, rigidità o mancanza di forza alle gambe indica generalmente mancanza di radicamento, saldezza, stabilità, o equilibrio in generale.

 

Quindi, come abbiamo appena visto, uno dei modi migliori per comprendere il significato generale di un determinato blocco è quello di notare in che punto del corpo esso si verifica. Aree particolari del corpo liberano solitamente emozioni particolari. Probabilmente voi non gridate con i piedi, non piangete con le ginocchia e non avete orgasmi con i gomiti. Per cui, se esiste un blocco in una determinata regione del corpo, possiamo desumere che sia stata soppressa e trattenuta l’emozione corrispondente.

 

Supponendo che abbiate più o meno determinato l’ubicazione dei principali blocchi delle sensazioni, potete passare al compito veramente interessante: liberare e dissolvere i blocchi stessi. Anche se il procedimento di base è semplice da capire e abbastanza facile da attuare, la fruizione cosciente dei suoi risultati richiede un duro lavoro, un grande sforzo e tanta pazienza. Probabilmente avrete impiegato almeno quindici anni per costruirvi un determinato blocco, quindi non dovrete sorprendervi se non scomparirà definitivamente nel giro di quindici minuti. Come tutti i confini, anche questi hanno bisogno di tempo per dissolversi nella consapevolezza cosciente.

 

Se avevate già notato tali blocchi in precedenza, vi sarete accorti che l’aspetto più fastidioso è che per quanto energicamente proviate, non sembrate in grado di farli rilassare, perlomeno non in modo permanente. Applicando sforzi coscienti, potrete arrivare a indebolirli per pochi minuti, ma la tensione (al collo, alla schiena, al torace, ecc.) tornerà ancora più forte non appena vi dimenticherete di questo “rilassamento forzato”. Alcuni blocchi e tensioni – forse la maggior parte – rifiutano assolutamente di allentarsi. Malgrado questo, però, l’unico rimedio che di solito adottiamo è proprio questo futile tentativo di rilassare coscientemente le tensioni (un approccio che, abbastanza paradossalmente, richiede uno sforzo estenuante).

 

Sembra, in altre parole, che questi blocchi accadano per conto loro, che si verifichino contro la nostra volontà, che siano del tutto involontari e non desiderati. E noi siamo le povere vittime. Cerchiamo allora di capire su cosa si fondi l’insistenza di questi ospiti non invitati. La prima cosa da tenere presente è che si tratta di blocchi muscolari, come abbiamo detto in precedenza. Ogni blocco, in realtà, è una contrazione, un irrigidimento, un serrarsi di un muscolo o di un gruppo di muscoli. Si tratta di gruppi di muscoli scheletrici e ogni muscolo scheletrico è controllato dall’attività volontaria. Gli stessi muscoli volontari che usate per muovere un braccio, per masticare, per camminare, per saltare, per stringere il pugno, o sferrare un calcio... sono anche i muscoli che entrano in gioco in tutti i blocchi del corpo.

 

Questo significa che tali blocchi non sono... anzi non possono... essere involontari. Non ci capitano per caso. Sono e devono essere qualcosa che noi facciamo attivamente a noi stessi. In breve, abbiamo creato questi blocchi deliberatamente, intenzionalmente e volontariamente, dato che sono costituiti unicamente da muscoli volontari.

 

Eppure, curiosamente, non sappiamo di crearli. Serriamo i muscoli, e sebbene ci accorgiamo che sono rigidi e tesi, non sappiamo che siamo noi attivamente a tenderli. Una volta verificatosi questo tipo di blocco, non riusciamo a rilassare i muscoli semplicemente perché, in primo luogo, non ci rendiamo conto che li stiamo contraendo. Sembra così che tali blocchi si verifichino da soli (come un qualsiasi altro processo inconsapevole), e noi sembriamo vittime impotenti, schiacciate da forze “al di là” del nostro controllo.

 

Nel suo complesso, la situazione corrisponde quasi perfettamente a una situazione nella quale io mi pizzico senza saperlo. E’ come se mi pizzicassi di proposito e subito dopo dimenticassi di averlo fatto. Sento il dolore del pizzicotto, ma non riesco a capire perché non cessa. In modo analogo, tutte le tensioni muscolari ancorate nel mio corpo sono forme profondamente radicate di auto-pizzicamento. La questione fondamentale dunque non è: “Come posso arrestare o allentare tali blocchi?”, ma piuttosto: “Come posso accorgermi di essere io a causarli attivamente?” Se vi state pizzicando da soli e non lo sapete, chiedere a qualcuno di far cessare il dolore non servirà a niente. Chiedere come smettere di pizzicarvi, implica che non lo state facendo voi. D’altra parte, non appena vi accorgete che vi state attivamente pizzicando, allora e soltanto allora, smetterete spontaneamente. Non andate in giro a chiedere come smettere di pizzicarvi per lo stesso motivo per il quale non andate in giro a chiedere come si fa ad alzare la mano. Sono entrambe azioni volontarie.

 

 

 

 

 

L’essenziale, quindi, è avere la sensazione diretta del modo in cui tendo attivamente tali muscoli, e di conseguenza la cosa che non voglio fare è cercare di rilassarli. Devo, piuttosto, come sempre, puntare sull’opposto. Devo fare esattamente ciò che non avrei mai pensato di fare prima: compiere uno sforzo attivo e consapevole per aumentare quella determinata tensione. Aumentandola volontariamente, rendo l’attività di auto-pizzicamento consapevole, invece che inconsapevole. In breve, inizio a ricordare che mi stavo pizzicando da solo. Capisco in che modo ho letteralmente attaccato me stesso. La comprensione ripetuta e sentita di questo fenomeno libera l’energia trattenuta nei muscoli, permettendomi di dirigerla all’esterno, verso l’ambiente, invece che all’interno, su me stesso. Invece di schiacciarmi e di attaccarmi, posso ora “attaccare” un lavoro, un libro, un buon pasto e, di conseguenza, imparare di nuovo il significato corretto della parola aggressione: “muovere verso”.

 

Esiste un secondo, altrettanto importante, aspetto del dissolvimento dei blocchi. Abbiamo appena visto che il primo consiste nell’accentuare consapevolmente la pressione o tensione serrando ulteriormente i muscoli interessati. In questo modo, facciamo consciamente ciò che prima facevamo inconsciamente. Bisogna però ricordare che questi blocchi di tensione avevano una funzione molto significativa – inizialmente erano stati introdotti per eliminare sensazioni e impulsi che in un primo momento sembravano pericolosi, tabù o inaccettabili. Di conseguenza, i blocchi erano, e ancora sono, forme di resistenza a particolari emozioni. Pertanto, se volete dissolvere definitivamente tali blocchi, vi dovrete aprire alle emozioni sepolte sotto al crampo muscolare. Dobbiamo sottolineare che queste “sensazioni sepolte” non ci presentano richieste selvaggiamente insaziabili o totalmente orgiastiche e opprimenti, e neppure sono stimoli demoniaci e bestiali che ci incitano a sterminare padre, madre e parenti vari. Molto spesso, sono alquanto miti, anche se ci possono apparire drammatiche perché sono state a lungo trattenute a livello muscolare. Di solito, è necessario uno sfogo di lacrime, qualche urlo, la capacità di avere un orgasmo disinibito, un sano sfogo di collera vecchia maniera, un limitato ma furibondo attacco a una pila di cuscini appositamente predisposti per la bisogna. Anche se insorgesse qualche emozione negativa abbastanza forte – una collera molto pronunciata –non occorre che vi allarmiate, poiché non costituisce una parte preponderante della vostra personalità. In un’opera teatrale, quando un personaggio minore entra per la prima volta in scena per recitare le sue due battute, tutti gli occhi del pubblico si rivolgono su di lui anche se rappresenta una parte insignificante del cast completo. Analogamente, quando sulla scena della vostra consapevolezza si presenta per la prima volta un’emozione negativa, potreste restare temporaneamente abbacinati da essa, anche se si tratta di una frazione del cast complessivo delle vostre emozioni. E’ molto meglio porla di fronte a noi, che non lasciarla girovagare dietro le quinte.

 

In ogni caso, questa liberazione emotiva, questo rilascio improvviso di alcuni tipi di emozioni trattenute, si verifica sovente da solo non appena iniziate ad assumere coscientemente la responsabilità di accrescere l’irrigidimento dei muscoli nei vari blocchi presenti del corpo. Appena cominciate a contrarre deliberatamente i muscoli interessati, tenderete a ricordare contro cosa li state contraendo. Per esempio, se vedete un amico che sta per piangere e dite: “Qualsiasi cosa tu faccia, resisti!”, egli probabilmente scoppierà a piangere. In quel momento, sta deliberatamente cercando di trattenere un processo naturale dell’organismo ed è consapevole di farlo, ragion per cui l’emozione non può essere facilmente sotterrata. Allo stesso modo, assumendovi deliberatamente la responsabilità dei blocchi, cercando di intensificarli, l’emozione inibita può iniziare a risalire in superficie e mostrarsi.

 

Il procedimento completo di quest’esperimento di consapevolezza del corpo si svolge come segue: dopo aver localizzato un blocco specifico... per esempio tensione alla mascella, alla gola o alle tempie... concentrate su di esso tutta la vostra consapevolezza, limitandovi a sentire la posizione del blocco e i muscoli che sembrano interessati. Poi, lentamente ma deliberatamente, iniziate ad aumentare la tensione e la pressione; in questo caso, serrando i muscoli della gola e stringendo i denti. Mentre sperimentate l’aumento della pressione muscolare, ricordate che non state semplicemente tendendo i muscoli, ma che state attivamente trattenendo qualcosa. Potete anche ripetere (a voce alta se l’esercizio non coinvolge la bocca): “No! Non voglio! Sto resistendo!”, in modo da sentire realmente la parte di voi che vi sta pizzicando, che cerca di trattenere qualche sensazione. Poi, rilasciate lentamente i muscoli, e allo stesso tempo apritevi completamente a qualunque sensazione voglia risalire in superficie. In questo caso, potrebbe essere il desiderio di piangere, mordere, vomitare, ridere o urlare. Oppure, là dove prima si trovava il blocco, potrebbe esserci solo una piacevole sensazione di calore. Per giungere a un autentico rilascio delle emozioni bloccate c’è bisogno di tempo, fatica, apertura e un po’ di sano lavoro. Se avete un blocco particolarmente resistente, per ottenere risultati apprezzabili saranno quasi sicuramente necessari degli “allenamenti” giornalieri di 15 minuti per più di un mese. Il blocco si libererà quando l’attenzione-sensazione potrà fluire in quell’area particolare in modo completo e perfetto senza incontrare ostacoli nel suo corso verso l’infinito.